Gli universi eterei e incantevoli di Ayumi Shibata

La paper artist giapponese Ayumi Shibata, considerata a livello internazionale tra le più valide nello specifico settore, meritando collaborazioni con marchi di prestigio quali Christian Dior, ci cala in avventure visuali di fiabesche presenze e suggestioni. In una metafisica iperbole scenica, infatti, ella accoglie, come in una fossilizzatrice carezza, sottili e allusivi significati e, strato dopo strato, in un campionario di fragili quinte, la materia, le luci e le ombre si traducono in mistica.

In una raffinata e insieme delicata eleganza, le opere di Shibata, siano esse da palmo della mano, siano esse addirittura percorribili, riflettono una loro storia e una loro progressione nel tempo (dell’anima) e nello spazio (archeologico dei pensieri).

Ayumi Shibata e i “Kami”

Non a caso, l’artista ricorre al termine “Kami” per descrivere e motivare il suo lavoro, e i “Kami”, ossia le “essenze spirituali”, sono le forze della natura in toto. Secondo la religione shintoista, qualsiasi entità, vivente o non vivente, è espressione di un “Kami”, anzi, è essa stessa un “Kami” in quanto in rapporto di coessenzialità reciproca. Insomma, i “Kami” rappresentano l’infinita frammentazione di un’unica energia cosmica che compone tutte le cose. Paper compresa. Sostiene Ayumi Shibata: “taglio la carta per esprimere la mia gratitudine agli spiriti ‘Kami’. Ogni taglio, ogni pagina è un’orazione. Il mio processo mi aiuta a liberare la mente durante la meditazione o la preghiera. Purifico la mia anima attraverso l’atto del tagliare: così interagendo, posso connettere il mondo spirituale con il nostro”.

Le sue abili forbici recidono e intagliano i fogli, rigorosamente bianchi, che si configurano via via a guisa di reti, o ragnatele, o ricami, o radiografie di elementi, alberi, paesaggi immaginari, città ideali, ondulazioni, increspature, vortici soavi, impronte e fluttuazioni… un artigianato albino su cui luci – strategicamente posizionate – e ombre ne amplificano ritmi e intensità. Una specie di fase delle fasi capace di associare e far lievitare il sogno… quello di un mondo in cui gli esseri umani e la natura convivano pacificamente. Non a caso, le sue sculture si richiamano anche ai concetti dello Yin e Yang, le due potenze inverse e complementari che si integrano e si completano vicendevolmente, determinando l’armonia dell’universo. Lo Yin è abbinato a ciò che è passivo, indifferente, vacuo, mentre lo Yang è abbinato a ciò che è attivo, vivido, pervaso.

Dunque, è attorno al fondamentale rapporto che intercorre tra umanità e creato che si sviluppa la ricerca di quest’artista, in una cornice culturale alquanto marcata e singolare, che la pone in dialogo attento e memore con le sue radici, oltre che con l’avanguardia. Le sue installazioni, grandiose e immersive, o i suoi scorci minuti e segreti da collocare in calici quasi fossero nettare, si potrebbero coniugare in scritture per un viaggio, un viaggio lungo, meticoloso, che partendo da molto lontano e attraversando habitat morali e habitat fantastici, cerca un punto d’arrivo, ma non fuori da sé: dentro di sé.

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