 |
Nato nel 1973 a Ourinhos in Brasile, Henrique Oliveira, che vive e lavora tra Londra e San Paolo, con le sue stupefacenti installazioni e sculture in legno dà spazio e glorifica una natura da troppo sfruttata e repressa dall’uomo. In un momento storico in cui, soprattutto in Brasile (con politiche controverse a favore dell’espansione delle terre coltivate a discapito della foresta amazzonica) si attenta al suo equilibrio, Oliveira lascia che siano proprio gli elementi arborei a prevalere in una rivalsa irruente ed emozionante. Vegetazione e ambiente, a suo opportuno intendere, sono coordinate ineludibili dell’esperienza, dell’esistenza, quindi dell’agire e del pensare. Costituiscono il nostro “luogo”, da considerare non solo in qualità di dato plastico/oggettivo, ma anche quale ambito di assetto dell’interazione sociale, fulcro di benessere, struttura di sentimento, centro di significato.
|
Henrique Oliveira e la sacralità della Natura
|


Le leggi naturali hanno una loro sacralità e la ricchezza della vita è nella connessione con esse. È un’urgenza non più rimandabile. Questo artista ha meditato e attuato la sua armonica risposta, avido di ritrovarsi – e di porci – al cospetto di una flora da contemplare e riverire come evento essenziale.
|

Così fa esplodere pareti e pavimenti, squarciati da elementi vigorosi, trofei ammonitori che vengono avanti, serpeggiano, invadono lo spazio con rusticana raffinatezza, si annodano al vuoto che perde ogni stigma di assenza per assurgere a entità dinamica, movimento creaturale, fluttuazione delle parti. In tanta bellezza e imponenza, profondità e superficie coincidono, la tensione della forma esce dalla materia per rievocare il pulsare del mondo.
|


L’autore lascia che il paesaggio trafigga, s’insinui al chiuso, infilzi le stanze dove attecchisce violentemente determinando l’iperbole di una rinascita che si consuma sotto i nostri occhi. Una rinascita che scorre liberamente, fagocitando bordi, limiti, contorni e avvertiamo con empatia di voler aderire a un nuovo progetto, una nuova meta: una vigilia da percorrere con la responsabilità di salvaguardare maggiormente il pianeta e il rigoglio della terra.
|


Henrique ci ricorda che l’uomo non deve essere una minaccia, bensì una garanzia dell’euritmia generale. Continuare a soffocare il territorio con costrizioni agricole e soprattutto urbane, equivale a inasprirlo, alimentando uno slancio vitale incontenibile; esso diventa vorace e implacabile, come ci palesa nei suoi lavori: intrecci di fusti giganti che irradiandosi assimilano persino l’aria.
|


Per realizzare tali sculture, così miti e così vendicative, utilizza legni di scarto riciclati da discariche e cassonetti, compensato alterato e assi di staccionate recuperate nei cantieri; un riuso concepito anche per sottolineare allusivamente il degrado tessutale fisico e civico della città di San Paolo.
|

Egli procede per incollature e assemblaggi, tinteggiature, fessurazioni, scavi, stratificazioni. A volte elaborando metastasi tuberose che invalidano muri (i quali sembrano respirare come carne o pelle), altre concertando addirittura percorsi praticabili, a guisa di viscere sinuose che assorbono i passi inghiottendoli in un silenzio uterino. Sembrano archivi di memorie a fare il più metafisico peso del tempo.
|



Sia scultore che pittore, apprezzato a livello internazionale e giustamente considerato soggetto trainante della giovane generazione di artisti brasiliani, Henrique Oliveira attraversando un corridoio etico ci consegna genialmente zone di selvaggia magnificenza – bizzarra, magnetica -, di rapimento e preziosa proposta, perché la sua fantasia comincia dalla verità e la verità, partendo dal cuore, diventa linfa di destino per tutti: un destino di salvezza e non di disincanti o, peggio, di rimorsi.
Leggi qui altre recensioni di Rossana Fiorini
|
|
|